Intervista al Comitato delle Donne di Alberosa

Roberta Benessere con un Tocco

Perché Benessere con un Tocco ha deciso di fare una intervista alla Donne di AlbeRosa? La storia è lunga ma la riassumo velocemente.

Ho conosciuto Enza, Presidente del Comitato delle Donne di Alberosa quasi tre anni fa ad un Concorso di Miss Mamma, dove ho partecipato per gioco, coinvolta dalle amiche,  per altro divertendomi molto! Ho tre figli gemelli e quindi mi sono sentita una Super Mamma!

Non ho vinto nulla al Concorso ma ho vinto nel conoscere Enza e alcune delle altre ragazze del Comitato.

C’è stato subito in feeling speciale e quindi la nostra conoscenza ha proseguito nel corso del tempo.

Sono persone che hanno tanti ideali tanti sogni, esattamente come me e sono molto “attive” in tanti ambiti anche sociali. Io mi sono subita innamorata di questa loro vitalità, proprio in un momento, direi storico,  dove non solo non si sogna più ma se sogni sei visto come uno un po’ strano.. poco realista.. con i piedi ben piantati sulle nuvole, come ho già detto in un altro articolo.

Si, io sono una persona con i piedi ben piantati sulle nuvole e non perché non ho senso pratico o della realtà ma perché senza il sogno e la speranza non si va proprio da nessuna parte.

Amo la concretezza ed il senso pratico, ma se non avessi sogni e speranze non riuscirei davvero ad avere l’energia necessaria per quello che faccio.

Il Comitato delle donne di Alberosa, sogna e realizza progetti in tanti ambiti sociali, ma gioca, si diverte e non perde mai la leggerezza in quello che fa.

Francesco, il nostro giornalista (anche lui con i piedi ben piantati sulle nuvole) è andato “sul posto” ed ha intervistato personalmente Enza ed Arianna e qui sotto potete divertirvi a leggere la sua intervista.

Sono sicura che ne sarete conquistati sia dalla lettura che dal programma di queste “ragazze” così conquistati che non potrete fare a meno di iscrivervi alla loro pagina di FaceBook.

Comunque nuvole si o nuvole no, noi sogniamo, realizziamo e andiamo avanti ed ora per non rovinarvi la lettura, mi fermo e “passo la palla a Francesco”.

Leggete un po’ cosa fanno queste “Signore”……..

Buona lettura

Francesco 

Sono pigro. Dovessi fare un paragone sarei un bradipo in letargo. E dunque ammiro – stavo per dire invidio – tutti quelli che hanno interessi, che coltivano passioni, si rinnovano, percorrono strade diverse, sono curiosi. In poche parole vivono. O per meglio dire, sognano. E il sogno è legato al desiderio senza il quale saremmo già morti prima ancora di nascere. E già. Perché si nasce a causa del reciproco, potente desiderio tra una donna e un uomo.

Niente esisterebbe senza il desiderio, una enorme, immensa riserva di energia. Potremmo illuminare il mondo con l’energia dei nostri desideri. Questo è il mio pensiero e il mio stato d’animo mentre vado al mio appuntamento per una chiacchierata con le ragazze del Comitato Donne Le Alberosa, Enza e Arianna.

Ed è perché ho letto il loro profilo Facebook, un fuoco d’artificio di attività, di emozioni, di benessere, di interessi, come se fossero da sempre insieme e in rete, tanta è la versatilità e la facilità di comunicare.

Parto prima, data la pigrizia di cui sopra, perché è da molto tempo che non vedo il mare. Faccio un percorso secondario, vado piano, me la prendo comoda, anche se comodo è un eufemismo dato lo stato pietoso delle nostre strade.

Parcheggio sul lungomare di Ardea, che non ho mai visto, una infilata di case semi analfabete, cadenti come la coda troncata di una lucertola che si rigenera mai uguale a se stessa, spazzatura e silenzio marrone o viceversa il che è lo stesso, sotto una sottile pioggerella invernale. Il cielo invece non ha colore. Come il mare.

A chiudere gli occhi si possono immaginare “il Riccetto, “er Caciotta”, “il Begalone” i ragazzi di Pasolini, frammenti di umanità che escono e entrano da quelle porte rugginose e sbilenche, galline senza becco, per rubare qualcosa. Mi fermo al lido Sayonara, dove sembra che chi entra si può ritrovare, cadendo in un buco – e ce ne sono davvero tanti –, dalla parte opposta del globo.

La bella ragazza del bar, deserto a parte un vecchio con la faccia che è un pugno chiuso e che gioca da solo a biliardo, sarà il secondo caffè che fa in tutto il giorno. Così dice lo scontrino. Mi dice cortesemente che devo berlo fuori. Il vecchio ha una bottiglia da cui, tra un colpo e l’altro, sorseggia una birra, o una di quelle bevande colorate che da ragazzo mi piacevano tanto, spuma mi pare di ricordare. Guardo prima lui poi la ragazza che alza le spalle e sorride. Mi piace molto il suo sorriso. Anche il vecchio apre il pugno.

Mi infilo in un vicolo verso il mare e non so se ci sono più granelli di sabbia su questa spiaggia enorme oppure frammenti di immondizia. Ammetto che lo spettacolo è assoluto. Davanti a me l’orizzonte senza fine e il mare che nonostante urli tutta la sua rabbia non è riuscito a spazzare via quello che c’è alle mie spalle, una assurda, distopica collana di case come sopravvissute a un uragano e riposizionate da un caso malvolente.

Meglio così, magari la loro presenza riuscirà a svegliare quel minimo di consapevolezza o di decenza che da qualche parte si nasconde nell’animo umano.

E invece. E invece il pescatore che se ne sta andando a casa, con deliberata eleganza fa scivolare un sacchetto di rifiuti e un paio di bottiglie di plastica dietro la carcassa di una barca in secca. Penso che eleganza deriva da eligere, cioè scegliere. E a quanto sembra scegliere è uno dei mestieri più difficili in assoluto. Soprattutto quando si tratta di scegliere bene. Ma è tardi e ho il mio appuntamento.

Mi accolgono Arianna e poi Enza, e sento subito un sapore di casa, un gradevole profumo che trasmette calore e affetto. Non faccio alcuna fatica a capire che dietro le mascherine c’è un volto aperto, franco, accogliente perché sono i loro occhi che sorridono. Ci scambiamo doni, come si usa da antica e nobile cortesia.

Dunque cominciamo.

Intervista ad Enza ed Arianna Comitato delle Donne di Alberosa

comitato delle donne di albe rosaIntanto come state, come vivete questo nuovo corso della nostra vita? Per un gruppo che fa dell’incontro, della solidarietà e della vicinanza la propria ragione non deve essere semplice.

Enza. In realtà noi non ci siamo mai fermati. Siamo un gruppo nato poco meno di tre anni fa, abbiamo fatto sempre volontariato cominciando da un’associazione che ha costruito due pozzi d’acqua in Burkina Faso e scolarizzato dodici bambini in collaborazione con la FAO e il gruppo “For Africa”.

Tuttavia questa attività, purtroppo, è stata sospesa perché la mole di lavoro era davvero immensa.

Comunque di progetti ne sono stati fatti tanti, per esempio quello “anticarie”, può sembrare strano ma in quei posti un bambino con una carie ai denti rischia davvero di morire di setticemia, senza antibiotici, antipiretici, insomma non hanno niente.

Abbiamo inviato moltissime scatole di spazzolini e dentifrici in collaborazione con l’ospedale Grassi di Ostia.

E poi ancora scarpe, dato che girano ancora a piedi nudi, e poi vestiti. Insomma un progetto durato sette anni, anni molto impegnativi.

Poi mi sono un po’ riposata, si fa per dire, e in questo periodo di rilassamento ho incontrato queste bellissime donne a un concorso di bellezza.

Ho notato che il fascino interiore delle donne era molto più visibile di quello esteriore, non era solo una fugace passerella di bellezze, ma c’era qualcos’altro, qualcosa di più intimo che mi ha catturato.

Ho costituito pertanto un gruppo WhatsApp e ho trovato una enorme disponibilità da parte loro a stare insieme e una gran voglia di fare cose, eravamo simili nelle nostre esigenze e aspettative, solo che non lo sapevamo o meglio non ce ne accorgevamo.

Sì, capita che ci si riconosca senza saperlo. Sono incuriosito dal nome, di sicuro ve l’avranno chiesto in mille, ma da dove deriva “Le Alberosa”? La mia idea è che i due momenti fondamentali di una giornata, uguali nei colori e nelle emozioni, se ci si pensa, sono l’alba e il tramonto. Dunque perché “alba”?

comitato delle donne di albe rosaEnza. L’alba è la rinascita. Ogni giorno muore, arriva la notte e muore. L’indomani è un nuovo risveglio. Rosa perché è il colore della donna, insomma “Le Alberosa” simboleggia le donne della rinascita quotidiana verso un nuovo mondo che non può essere basato solo sulla superficialità dei principi, sull’economicismo.

Bisogna leggere nei cuori e fare quello che ti senti di fare nell’intimo.

L’apparire, la ricerca di fondi istituzionali non è nel nostro interesse.

Noi ci tassiamo per essere e sentirci libere e non assoggettate ad alcuna forma di costrizione o indirizzo politico.

Arianna. Oltre al senso della rinascita, penso che ciò che muore rivive sempre, abbiamo anche fatto riferimento a una persona molto attiva sul territorio tra Ardea e Pomezia, un omaggio ad Alba Rosa, una signora che si interessava delle politiche sociali di zona e si è molto adoperata per risolvere i problemi di queste aree, anche se il nostro non è affatto un gruppo “politico”.

Ho letto tempo fa un racconto in cui un uomo, negli Stati Uniti, non ha potuto accedere al bonus fiscale per accudire la mamma disabile perché per le loro leggi era solo la donna che poteva farlo. Siamo davvero lontani dall’uguaglianza di genere, anche in Italia…

Enza. …forse perché si nasce dalla donna e, senza togliere niente alle sensibilità individuali degli uomini, una donna ti assiste come una mamma per cui ha intrinsecamente una pazienza infinita.

Ci ricordiamo per esempio della prima infermiera Florence Nightingale, da lei è nata l’assistenza agli ammalati, ai feriti di guerra, perché l’empatia delle donne verso i malati deriva dalla vita che portano dentro e nasce da loro.

Il logo del vostro comitato rappresenta un cuore all’interno del quale due ragazze accolgono il mondo, quasi a volerlo proteggere. Credo anch’io che sia un dovere difendere il pianeta e dunque noi stessi. Voi pensate che abbiamo sempre bisogno di essere sostenuti, compresi, aiutati, anche se non ne abbiamo coscienza e che questa necessità resisterà e continuerà all’infinito?

Enza. Noi abbiamo la consapevolezza che nessuno si salva da solo, ecco il perché dell’unione di queste donne.

Abbiamo identificato la madre terra come donna a protezione dei suoi figli per cui questo grande cuore accoglie tutti con amore e non deve essere sciupato o maltrattato.

Per esempio una delle attività di “protezione” è stata la pulizia di una spiaggia l’estate scorsa perché la terra deve essere difesa e accudita come un figlio.

Arianna. A proposito di rinascita, altro tema è il riciclaggio che serve a portare a nuova vita quei materiali che troviamo spesso sparsi sulle nostre strade, spiagge.

Li raccogliamo per dar loro una nuova forma, li rinnoviamo, per esempio componendo oggettistica per bijoux.

Oppure con la carta, creiamo e realizziamo oggetti diversi, insomma diamo nuova vita a ciò che apparentemente è morto.

Per quanto riguarda ancora il logo, è vero che abbiamo un comitato tutto al femminile, compresa l’autrice, Natalia Chushel, che le nostre attività sono fatte tutte da donne, tuttavia è anche vero che quello che facciamo tutela tutti, uomini e donne.

A volte coinvolgiamo gli uomini perché ognuno di noi ha sensibilità diverse anche se il luogo comune attribuisce alle donne quella più marcata.

Come diceva Enza il nostro comitato nasce dal concorso “miss mamma” cui sono seguiti altri eventi, sfilate tutte al femminile ma ovviamente non ci occupiamo solo di moda, anzi.

Siamo molto attivi nel campo sociale, corsi informativi e formativi, solidarietà, educazione.

Sarebbe bello amalgamarsi fermo restando le proprie caratteristiche, i propri valori, le reciproche sensibilità, le proprie passioni.

A questo proposito mi ha colpito la frase che caratterizza il comitato “la diversità è ciò che rende prezioso un arazzo, tutti i fili usati hanno lo stesso valore”. Sono perfettamente d’accordo. Come mai questa scelta?

Arianna. Io credo che un comitato o un’associazione è necessario che sia libera senza imporre ad alcuno i propri valori, la libertà di scegliere e di esprimere se stessi è fondamentale, mantenere i limiti etici e morali e dare significato alle differenze che ci sono tra le persone per rendere le nostre attività alla portata di tutti.

Nel senso che limitarsi ad un solo modo di fare significa chiudersi ad altre esperienze che ci possono arricchire, è necessario pertanto aprirsi alle idee che provengono dagli altri.

La diversità è un valore aggiunto, ci arricchisce e ci completa, ci fa evolvere, così come l’integrazione tra le varie esperienze. Tutto questo ovviamente nel massimo rispetto e condivisione.

Sono d’accordo, la diversità è un valore, così come la complessità che sembra frenarci e invece ci impone di pensare e trovare una soluzione condivisa.

Penso che quando si forma un gruppo, che per forza di cose è eterogeneo e accoglie diverse sensibilità, ognuno abbia delle aspettative. Porta dentro la propria esperienza, la competenza, la propria anima. A distanza di qualche anno le aspettative si sono rivelate corrette, al di sopra delle attese o inferiori? 

Enza. Io credo che le abbiamo superate, ma di tanto. Non facciamo in tempo a pensare a un’idea o a un progetto che subito si materializzano aiuti o idee nuove per migliorare e portare avanti questa iniziativa. Non riusciamo neanche a star dietro a tutte le cose che vorremmo o dovremmo fare.

Arianna. Noi viviamo molto alla giornata, sappiamo quali sono le esigenze del momento e cerchiamo di star dietro a queste agendo il prima possibile anche perché le pianificazioni o i programmi, soprattutto in questa fase di clausura, sono quasi impossibili.

Diciamo che siamo avvantaggiati dal nostro modo di ragionare, ci adattiamo molto alle circostanze, proprio come un camaleonte, captiamo le esigenze, i bisogni e agiamo.

Poi è naturale che le cose vanno organizzate e ovviamente è necessario mettersi d’accordo al nostro interno perché ci sono tante sensibilità e tante personalità diverse per esperienza e competenze da mettere insieme.

Forte il camaleonte che si trasforma per trovare una migliore soluzione. Quello che so di voi l’ho letto sul vostro profilo Facebook, dunque chiedo da subito scusa se ho capito poco o male. Le attività direi che sono quasi infinite e sono davvero sorpreso dalla vitalità del gruppo. Una di queste è la raccolta di beni essenziali per chi ne ha bisogno, i senza fissa dimora, i disagiati. Da dove e come è iniziata e quali canali segue?

Enza. Diciamo che forse è più un nostro bisogno, una intima necessità di donare.

Le persone che sono disagiate ricevono dal mondo e non dalla singola persona. Noi sentivamo molto forte questa esigenza e uno dei modi è appoggiare o aiutare le associazioni locali.

Quando ci chiedono aiuto, raccogliamo quello che possiamo dare e cerchiamo di sopperire a quella mancanza, dall’emergenza freddo, le coperte ai senza tetto per esempio, o il cibo caldo.

Sabato porteremo coperte e quello che serve ai centri di Aprilia, Pomezia e anche alla stazione Termini, diciamo che forniamo assistenza alle associazioni, Sant’Egidio tra le altre, che poi smistano a quelle più piccole dislocate sul territorio.

Arianna. Al di là dell’aspetto gratificante di queste attività, che senza dubbio ci fanno star bene, c’è da dire che molte di noi hanno vissuto, come capita a tutti, dei periodi cosiddetti “neri” da cui, grazie all’aiuto di qualcuno, sono riuscite a uscire e superare queste difficoltà.

È anche un modo per essere riconoscenti per ciò che si è avuto, per chi ha mostrato solidarietà e benevolenza nei tuoi confronti, pronto a non giudicarti facendoti capire che il tuo malessere non è un tuo errore ma una esperienza negativa da cui è possibile uscire.

Pertanto è come se volessimo dire grazie a chi ci ha aiutato.

Devo confessare che anche io ho frequentato per qualche tempo una “casa famiglia” e posso dire che il dolore che si percepisce è difficile da raccontare ed è impossibile restare insensibili. Hai detto, credo Enza, che la “solidarietà non è mai scontata”. Avete mai percepito difficoltà in questo senso?

Enza. Non è che è difficile, è che purtroppo c’è tanta diffidenza verso la solidarietà.

Molti si domandano cosa ce ne viene, quale vantaggio ci porta, ed ecco perché non è affatto scontata perché noi lo facciamo mettendoci le mani in tasca mentre alcuni pensano che abbiamo un qualche interesse, anche economico, a farlo.

Dobbiamo rompere questo pregiudizio perché chi è solidale lo fa perché vuole donare, per lo stesso principio che dicevo prima, perché se adesso abbiamo aiutato una casa famiglia di Torvaianica dove ci sono dei minori è perché pensiamo che lì dento possano esserci i nostri nipoti, i nostri figli, noi non sappiamo cosa ci riserva il futuro.

Noi siamo stati e siamo solo i più fortunati ed è necessario rivolgere lo sguardo a quei bambini che non hanno genitori, perché essere senza papà e mamma è una delle cose più tristi che possa capitare a un bimbo.

Per noi è un abbraccio virtuale, a Natale abbiamo donato per ogni bambino e per ogni famiglia dove c’ una situazione di disagio, pacchi regalo. E lo faremo ancora, anche a Pasqua.

A proposito di non sapere chi abbiamo davanti, mi ricordo di una mia professoressa al liceo che ci trattava con il massimo rispetto perché era convinta che forse uno di noi sarebbe diventato medico e le avrebbe salvato la vita.

Le informazioni, tutte di grande livello, che si leggono sul vostro sito, spaziano dalla poesia, agli incontri con medici nutrizionisti o endocrinologi, a interviste ad atleti, alla danza – blind dancing e penso ad Al Pacino e al tango di “Profumo di donna” – che ho apprezzato moltissimo.

A quest’ultimo proposito viene detto “la forza che ci ha creato non a caso ci ha donato la fantasia, uno strumento che ci consente di sopportare meglio la realtà”. Come agisce nel vostro gruppo la fantasia? 

Arianna. Questa l’ho scritta io e tocca delle corde che riguardano un po’ tutte noi del comitato.

Nello specifico ho notato che integrare il mondo della fantasia con quello della realtà portava a una migliore positività negli atteggiamenti.

Sono due mondi paralleli che si incrociano e quando lo fanno ti consentono un approccio diverso e più consapevole.

In tutte noi c’è il bambino sognatore, c’è ancora la speranza, la fiducia che forse è nascosta ma c’è e bisogna esprimerla al meglio.

Certo che tutto può capitare nella vita, anche esperienze molto negative, ma quello che possiamo fare noi è scegliere come reagire e reagire di conseguenza. Ma per farlo c’è bisogno di un lavoro interiore per capire cosa potrebbe esserci di bello o migliore al di là di quello che stai vivendo, magari in modo negativo, in quel momento.

Dunque la fantasia è importante per cercare quella fiducia che pensavamo di aver perso o dimenticato.

Enza. Per quel che mi riguarda la fantasia è come acuire i sensi senza le immagini, senza vedere, è come fare esperienza fuori dalla realtà che ci circonda. Non vedere è come vedere con tutti gli altri sensi…

…come in “Zatoichi”, la storia leggendaria di un samurai cieco che combatteva meglio di chi vedeva…

Arianna. …sì, come nelle arti marziali dove l’isolamento è fondamentale per capire il ritmo degli attacchi e della difesa, come nella danza…

Enza. Infatti abbiamo aperto anche dei corsi di Tai Chi…

…devo dirlo a mia moglie che spasima per il Tai Chi. Vorrei parlare della bellezza, un tema sensibile. In un video Arianna si interroga davanti a uno specchio, come nella fiaba, sul significato della bellezza. Per quanto mi riguarda io trovo affascinante un sorriso, uno sguardo, una movenza.

Enza. Oltre la bellezza esteriore, e nel nostro gruppo siamo tutte bellissime, tutte riflettono una bellezza interiore ed è questo che ci tiene unite e ci fa andare avanti. Questa è la vera bellezza che riconosciamo.

Passiamo al tema ambientale, anche questo a me molto caro. Voi scrivete “proteggere la natura significa proteggere sé stessi”. Come e quando è nato questo filone, in quale occasione?

Enza. Volevo fare un servizio fotografico, lavoro con due professionisti che ricercano situazioni o immagini particolari.

Mi sono detta che non può essere solo un servizio, una illustrazione di cose che ci sono, dobbiamo dare un senso, una impronta o significato diverso della bellezza.

Ci siamo organizzati e oltre alle fotografie abbiamo raccolto anche la plastica per cui le persone ci vedevano in costume – eravamo in costume – potevano ammirare non solo la nostra bellezza ma anche le cose che facevamo.

Per cui abbiamo avuto tanta gente che si è incuriosita e ci ha seguito.

Non posso essere bella solo io se l’ambiente che mi circonda non è bello ed è rovinato.

Per cui queste donne che raccoglievano spazzatura erano dentro borse o sacchi di plastica nera per dire “guarda quello che abbiamo trovato e guarda come lo abbiamo lasciato”.

Nasce da questo.

Adesso facciamo la raccolta dei tappi di plastica perché con i tappi aiutiamo un’associazione in Africa dato che per ogni quintale, credo, di plastica ricevono centocinquanta euro che utilizzano per i loro progetti scolastici, i banchi, i libri. È un modo per non inquinare e allo stesso tempo aiutare chi ne ha bisogno.

Arianna. Noi ci siamo conosciute al concorso di “miss mamma” e cosa accade? Abbiamo voluto progettare un evento che va oltre la moda perché in realtà, e questo è scontato, è un po’ come mettersi in gioco per chi ha un ruolo nella famiglia.

È come rigenerare o riciclare la considerazione che si ha di se stessi, nel senso che non si è solo madri, mogli, fidanzate, ma si è ancora quello che si era prima di assumere un nuovo ruolo.

Lo dimostro a me stessa e lo dimostro anche agli altri.

Perciò “riciclare” è come rigenerare e dare nuova vita alla propria persona, indipendentemente dall’età.

Perché non è che quando si è vecchi la società non ti considera più oppure persone che hanno avuto situazioni drammatiche familiari debbano essere accantonate.

Dunque è una nuova occasione che si dà alle persone, alla condivisione di emozioni.

A volte pensiamo di sapere con esattezza ciò che è meglio per noi, cosa vogliamo per davvero.

Purtroppo la vita ci mette davanti, nostro malgrado, a quell’evento o discorso o immagine che può metterci in difficoltà.

L’importante è sapere che niente è morto sul serio e c’è sempre una possibilità per rinascere.

Oltre la plastica, la carta, i concorsi c’è la volontà e la voglia di rimettersi in gioco e capire che con tutte le nostre debolezze siamo comunque utili a noi stessi e alla società.

Finché c’è un cuore che batte e un cervello che funziona è possibile fare tutto, anche cambiare il mondo.

Enza. È proprio così, tu realizzi le cose che vuoi per davvero, puoi realizzare qualsiasi sogno.

Quand’ero piccolo mi ricordo che si eleggeva miss mamma sulla spiaggia in estate e il canone, non c’è bisogno di dirlo, era la bellezza fisica. Una delle foto pubblicata rappresenta un gruppo di passeri che beccano da una mano e rappresenta la generosità. Una delle qualità fondamentali dell’uomo. Potete raccontare un evento che vi ha davvero stupito per generosità e un altro che invece vi ha rammaricato o disilluso?

Enza. Di tutti i doni che comunque abbiamo dentro, anche se nascosti, o caratteristiche intrinseche, quella che piace di più al Signore – io sono molto credente – è la carità, come diceva anche san Francesco.

Perché se tu fai la carità e non lo sa nessuno non puoi essere da modello a nessuno, gli altri non ti possono seguire, non ti capiscono.

Poi ci sono tanti che ci chiamano e noi cerchiamo di aiutarli.

Ma se noi stiamo zitti, perché poi potrebbe passare il messaggio “queste si vogliono far notare”, non riusciremo a superare il pensiero della gratitudine senza alcun vantaggio…

…una delle frasi di Papa Francesco mi sembra sia “non basta non fare il male, bisogna fare il bene” …

Arianna. C’è ancora da dire che quella giacca che doniamo ai senza tetto non sappiamo in realtà dove e a chi andrà a finire o chi mangerà quel pasto caldo, potrebbe essere una persona del tutto innocua o angelica oppure, al contrario, un mostro o delinquente.

Perché il senso della carità, il senso di donare, non è a chi e per chi se lo merita ma è a chiunque.

Questo è l’esempio che secondo noi bisogna dare, prima di tutto ai nostri figli e poi a chi ci circonda, il vicino di casa per esempio, chi legge il nostro sito. Credo si debbano superare i nostri timori personali e capire che bisogna lasciarsi andare, bisogna che lasciamo andare il nostro amore, poi può anche capitare che ci siano persone che non vogliono ricevere i nostri doni tuttavia non ha importanza.

Se dopo millenni possiamo ancora vedere odio, tristezza o incomprensione nel nostro mondo vuol dire che è ancora presente la mentalità di pensare “ripago il male con altro male” e non “ripago il male con il bene”.

Un’altra parola chiave secondo me è benessere. Tutti noi tendiamo a star bene, ci piace la bellezza, vorremmo che ogni cosa funzionasse come ci aspettiamo e non come nella realtà è. Tu pensi che la ricerca del benessere sia un atto necessario di volontà oppure che sia un percorso naturale?

Enza. Ci sono diverse strade che portano al benessere e qui viene fuori la mia anima di operatrice sanitaria.

Comunque il vecchio detto “mente sana in corpo sano” è sempre valido e non possiamo trascurare il nostro corpo perché è un tempio sacro.

Ci sono vari modi, chi cammina veloce, chi va in palestra, dipende dalla propria formazione, dalla propria inclinazione.

Se trascuri il corpo decade anche la mente, si creano emozioni negative per cui è doveroso e necessario mantenere quel minimo di stato di salute fisica che ci permette di star bene.

Comunque sì, è un atto necessario.

Spesso si fraintendono i gesti, a volte l’immaginazione dei maschi si indirizza verso l’erotismo anzi la sessualità. Tiriamo fuori il peggio di noi, l’animale che abbiamo dentro, per citare un recente libro di Francesco Piccolo. Ora mi interessa sapere se anche nel vostro gruppo ci sono stati momenti che hanno portato alla sgradevolezza e a comportamenti erronei e come avete reagito.

Arianna. A essere onesti io credo molto nella forza delle donne ma non sono femminista e penso che sia necessario raggiungere una parità di genere e una dignità comune.

Purtroppo vedo anche che ci sono molte donne che cercano di rincorrere la parità a tutti i costi e in modo un po’ discutibile diventando a loro volta piuttosto sgradevoli.

Gli errori vengono commessi da tutti, uomini o donne che siano, ci mancherebbe, tuttavia talvolta, magari nel privato, l’uomo commenta alcune nostre foto in cui appariamo un po’ sensuali ma affatto volgari ovviamente.

In realtà alcuni contrasti più aspri possono essere da parte di alcune donne perché la solidarietà femminile non sempre è scontata, anzi a volte subentra l’invidia o la gratuità nei giudizi, e non sembra possano esserci motivi, almeno non li percepiamo, per comportamenti aggressivi.

Nella realtà vediamo che, a parte i nostri mariti che ci supportano molto, abbiamo avuto qualche riscontro negativo più da parte di donne che di uomini. Anche il fatto di essere generoso, altruista spesso genera qualche fastidio.

Ci sono di sicuro comportamenti misogini verso le donne ma anche una sorta di “misoginia al femminile” che è quasi una rivalità. Ne hanno scritto autrici come Patricia Highsmith o Doris Lessing, per citare le più famose.

Enza. Io credo che questa, diciamo così, cattiveria sia ben definita e documentata, questa forma di aggressività può essere molto sgradevole.

Noi ci siamo occupati di violenza sulle donne, siamo state per diverso tempo nei centri di ascolto.

Adesso l’abbiamo messa un po’ da parte, non perché non sia importante, ma perché ci sono già tanti centri e associazioni che se ne occupano per cui abbiamo pensato di dedicarci anche ad altro.

C’è stato un periodo in cui collaboravamo con un’associazione di Nettuno e abbiamo visto che a noi si rivolgevano molte donne che subivano violenza da parte degli uomini, noi le ascoltavamo e le indirizzavamo agli sportelli dedicati. Posso dire che, anche in base alla mia esperienza di “negoziatore” per la mia azienda, quello che emergeva nei colloqui con le donne è che cercavano di tenere nascosta una propria aggressività per cui la risposta del maschio, per quanto ovviamente sempre condannabile, spesso, e questo è davvero molto triste, non era che una sorta di reazione.

Noi siamo animali pensanti e quando vuoi che un animale tiri fuori “il peggio di sé”, lo devi isolare e lo devi affamare, intendo privargli l’affetto. Io non nego la violenza sulle donne, ci mancherebbe e deve essere censurata sempre, tuttavia un minimo di dialogo nella coppia eviterebbe tante violenze.

Le persone si iscrivono ai vari gruppi perché si immedesimano nei principi e nei valori. In sintesi hanno fiducia. Cos’è secondo voi che ispira fiducia nelle donne che si iscrivono?

Enza. Beh, non è facile entrare nel nostro gruppo, e comunque penso che chi vuole entrare a far parte del comitato è perché crede che siamo persone serie…

Arianna. …io avrei una risposta da sognatrice. Penso che l’universo abbia le sue regole che non sono casuali e delle coincidenze che incidono sull’affinità delle persone.

Penso che la gente si piaccia o meno per una serie di, appunto, coincidenze. Forse perché anche noi trasferiamo la nostra fiducia mostrando gli aspetti positivi che le persone non fanno fatica a comprendere.

Tra l’altro non è solo il mostrare ma anche il fare, dimostriamo che stiamo facendo delle cose, in concreto.

Io credo che noi pensiamo che gli altri ci vedono per come ci sentiamo dentro, invece ci guardano come, purtroppo, siamo fuori. Nella vostra esperienza ci sono stati dei momenti in cui non vi siete sentite comprese?

Arianna. Come capita anche tra gli amici, o nelle stesse famiglie, ci sono momenti in cui emergono incomprensioni.

Quando si condivide molto è naturale che si crei qualche disagio, magari per sciocchezze, e si sopporta di più o di meno anche a seconda dei periodi che si sta attraversando.

In effetti non è facile andare d’accordo con tutti, tuttavia abbiamo degli obiettivi comuni che dobbiamo raggiungere, ognuno con le proprie capacità o modi di fare, ognuno con i suoi tempi.

Poi non è questione di chi ha ragione o torto perché poi il litigio non porta a niente se non alla sconfitta di tutti, l’intelligenza sta nel mettere da parte alcune convinzioni personali e superare i momenti di difficoltà per il bene comune che è la “causa” che è al di sopra di tutti noi.

C’è una frase di Madre Teresa che mi colpisce molto “ogni nostra azione, se la facciamo con il cuore e la testa insieme, può fare la differenza”. Unisce l’istinto e la ragione. È così che agisce il vostro comitato?

Enza. Un’idea nasce da una sensazione, da un impulso, da un’urgenza.

Poi questa idea va razionalizzata e concretizzata. Se poi insieme ci metti il cuore, il sentimento, quell’idea diventa per forza di cose vincente.

Se viene concretizzata solo per il piacere di averla avuta senza il doppio fine, cioè quello della solidarietà e dell’aiuto, rimane una cosa effimera e non rimane nel profondo.

Un’ultima domanda, avete dedicato tempo e denaro a questa iniziativa che vi appaga e di cui siete davvero molto contente, e si vede. Ma se non aveste fatto questo, cosa vi sarebbe piaciuto fare, qual era il vostro sogno?

Enza e Arianna, all’unisono. Ne avremmo fatto un altro uguale…

Non credo si possa trovare una conclusione più appropriata. Una risata spontanea e contagiosa, come e con quale velocità Enza e Arianna hanno risposto è la migliore e più convincente presentazione del gruppo e di loro stesse.

Energia pura, generosità ed empatia. Profondità di pensiero.

Un esempio come pochi, davvero.

Arianna è proprio un vulcano in piena attività, inestinguibile.

Abbiamo continuato per un po’ a chiacchierare ed Enza mi ha rivelato che ha tratto i migliori insegnamenti, quelli che l’hanno formata, che hanno definito il suo modo di pensare, il proprio carattere dalle persone che più ha combattuto.

A pensarci bene è proprio così, dal conflitto, dalle crisi nascono le migliori idee perché sei costretto a trovare una via d’uscita, a pensare, a lasciar perdere soluzioni immaginarie e concretizzare quelle che possono essere costruite e soprattutto utili agli altri.

Mi viene in mente una famosa frase attribuita a Graham Greene, ripresa da Orson Welles nel film “Il terzo uomo” “…in Italia sotto i Borgia, per trent’anni hanno avuto assassini, guerre, terrore e massacri, ma hanno prodotto Michelangelo, Leonardo e il Rinascimento. In Svizzera hanno avuto cinquecento anni di pace e democrazia e hanno prodotto gli orologi a cucù.” Bella vero.

Ed è proprio così, perché prima di andarmene Enza e Arianna mi hanno confessato che anche in questo momento di pandemia, dove tutto è chiuso, dove mille difficoltà impediscono la normale relazione sociale, “non hanno mai lasciato soli” quelli che le vogliono bene, chi si fida di loro, chi ha bisogno, chi le cerca, chi crede in un progetto comune, chi ascolta, chi si mette in gioco, chi crede che la solidarietà e la generosità siano l’unico mezzo che ci consente di star in pace con noi stessi e con gli altri.

Torno a Roma per le stesse strade sconnesse e, a dire il vero, non mi sembrano poi così scomode.

Le foto delle donne del Comitato di AlbeRosa sono di Giorgio Algherini e Stefano Di Matteo

 

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