L’Intervista a Barbara Malavasi

Barbara Malavasi Insegnante Ginnastica Ipopressiva Reggio Emilia

Mi piace migliorarmi, mi piace sfidarmi e mi piace aiutare le persone a stare meglio con sé stesse, con il proprio corpo e, perché no, anche nel mondo. Forse è un progetto ambizioso ma ci credo!

Ho conosciuto il Metodo Multidisciplinare Ipopressivo (MIM) di Mimì Gonzales Adami un po’ per gioco e un po’ perché amo la “ginnastica”. Amo il “movimento” e amo lo “sport”. E dopo un inizio un po’ articolato e complesso mi sono appassionata e mi ci sono addentrata più in profondità. Da qui nasce l’idea di intervistare l’ideatrice di questo metodo, Mimì e le sue due collaboratrici, Barbara Malavasi e Monica …

Mi piace sempre raccontare da dove nasce un progetto. Perché nasce e dove vuole andare, così da permettervi di capire che dietro le quinte c’è passione, competenza, studio, sacrificio ma anche tanto entusiasmo e voglia di vivere la vita nel modo migliore possibile.

Con piacere vi presento Barbara.

L’Intervista a Barbara Malavasi

D: Chi è Barbara?

Barbara Malavasi Insegnante Ginnastica Ipopressiva Reggio Emilia

R: Sono Barbara Malavasi e lavoro da 25 anni nel settore del Movimento. Ho iniziato con l’acqua: acquagym,  hydrobike poi ho lavorato in palestra e sono diventata insegnante di Pilates.

Ho aperto uno mio studio di pilates nel 2016 che poi ho chiuso per dare un senso differente al mio tempo, che ora posso gestire diversamente e più liberamente.

Adesso mi occupo principalmente di ginnastica ipopressiva voglio divulgare i concetti chiave di questo particolare metodo che rivoluziona un bel po’ le abitudini che abbiamo culturalmente sul concetto di allenamento dell’addome. Considero questa, più che una professione, un dono che mi permette di migliorare me stessa e creare benessere per le persone che scelgono di aver fiducia in ciò che trasmetto.

Nel pilates si lavora molto sul “Core” chiamato così per descrivere il famoso corsetto addominale composto principalmente, ma non solo, dai muscoli retti, trasverso, obliqui, quadrato dei lombi, e multifido. Ad oggi il concetto di “core” si è ampliato e per fortuna raccoglie la sinergia anche del diaframma, del pavimento pelvico e dello psoas aprendo a scenari molto più funzionali della “pura” stabilizzazione e forza addominale.

D: Come sei arrivata ad avere una visione cosi diversa di allenamento dopo aver fatto ed insegnato Pilates per molti anni?

Barbara Malavasi Insegnante Ginnastica Ipopressiva Reggio EmiliaR: ho sempre insegnato Pilates attraverso l’uso delle macchine. Il lavoro con le macchine è più dettagliato e preciso rispetto al corpo libero e permette con più sicurezza di potersi muovere anche in presenza di patologie.

Al di là di quello che la maggior parte della gente pensa, il pilates a corpo libero è complesso e prevede una capacità di gestire il proprio corpo in maniera più consapevole e per arrivare a fare determinati esercizi senza farsi male ci vuole più tempo, volontà e pratica.

Molto spesso, se non condotti e gestiti bene, con alcuni esercizi si rischiano eccessivi carichi  sulla schiena e sugli addominali che, invece di farti migliorare, creano mal di schiena o ipertono addomino-pelvico  

Gli attrezzi (reformer/cadilac/chair) con cui il metodo pilates nasce, secondo me, sono geniali e Josef Pilates, l’ideatore del metodo è stato lungimirante e visionario: gli esercizi proposti aiutano laddove ci sono carenze muscolari o fisiche, oppure aiutano a migliorare la performance dell’atleta.

Il lavoro sul pilates più puro non mi ha mai convinto fino in fondo e alcuni esercizi li ritenevo possibili solo per alcune persone.

Inoltre grazie alla mia insegnante Maria Cristina Ferri che mi ha insegnato a ragionare sulle persone e mi ha permesso di approfondire i concetti fasciali studiati da Tom Myers applicati al movimento sono riuscita a discernere il giusto dal “di moda”.

Come sai, tutti noi insegnanti, quando sul nostro corpo qualcosa non ci convince cerchiamo di approfondire.  Per mia indole sono sempre stata una persona che non si è mai accontentata di credere a quello che mi veniva insegnato.

Seguo molto l’intuito e i segnali che il mio corpo mi dà e non si è mai sbagliato.

È vero che io non sono molto flessibile ma non ho mai dolori e il fatto di non avere mai dolore secondo me significa che riesco a lavorare in modo corretto con il corpo. Riesco a tenerlo in buona salute nel complesso. E non è poco.

Nel lavoro del pilates, quando facevo i classici addominali, mi veniva mal di schiena e mi accorgevo che la pancia non andava via, nonostante gli sforzi. In quel periodo avevo iniziato ad utilizzare una respirazione ipopressiva anche nel pilates ancora prima di sapere che cosa fosse esattamente. Ma sentivo che mi aiutava.

D:  Cosa intendi per respirazione ipopressiva?

Barbara Malavasi Insegnante Ginnastica Ipopressiva Reggio EmiliaR:  facevo respirare i miei allievi in modo da diminuire il carico sul pavimento pelvico e sull’addome. Per fare questo occorreva lavorare con attenzione e mai in velocità.

Ho sempre lavorato con poche persone, massimo 4 o 5, e questo mi permetteva di essere vicina a tutti i miei allievi.

Col tempo ho iniziato ad approfondire il concetto della fascia ed ho conosciuto il metodo Caufriez  di Marcel Caufriez, Low Pressure Fitness di Piti Pinsach, due grandi Master del lavoro ipopressivo.

Nello studiare questi due grandi mentori, ho capito che la ginnastica ipopressiva era un portento anche se in Italia non c’era quasi nulla a riguardo. Sto parlando del 2017 .

Poi incontro per caso Mimì Adami Gonzales che è l’ideatrice del Metodo MIM, un po’ come se quest’incontro fosse predestinato.

Incontro Mimì che ancora era all’inizio di questo progetto. Comincio a studiare con lei mentre sentivo che mi stavo appassionando sempre di più a questo approccio.

Ho deciso di aiutare il progetto italiano condotto da Mimì perchè ne vedo un incredibile potenziale e ancora una scarsa divulgazione corretta del metodo….ed eccomi qui oggi.

D: Ti faccio un’ulteriore domanda, gli addominali classici li consideri sempre da eliminare oppure no? Perché io non sono sempre contraria.

Barbara Malavasi Insegnante Ginnastica Ipopressiva Reggio EmiliaR: L’errore primario secondo me è che le persone hanno in mente di allenare gli addominali sentendo il dolore, quel bruciare della pancia come nei crunch, dove le persone contraggono gli addominali ma spingono sul pavimento pelvico, o spingono in fuori l’addome. Ed ecco che creiamo un iperpressione non solo addominale ma anche pelvica…che crea danno.

Io osservo sempre, quando un allievo fa il crunch, se la pancia esce o entra e faccio in modo che anche l’allievo se ne renda conto prima di comunicarglielo.

Il pensiero di fondo è che per essere in forma occorre soffrire. Ma io mi chiedo perché la salute deve passare per la sofferenza? ll corpo si può allenare anche con un’attività impegnativa ma senza provare dolore.

Inoltre la maggior parte della gente non sa distinguere fra un dolore che danneggia e un dolore positivo che è invece una reazione muscolare ad un certo movimento. È importante che ridefiniamo le priorità

Poi il tipo di allenamento dipende dal tipo persona che ho davanti. Per esempio il Plank, che molte volte viene indicato nei post parto, non lo faccio fare perché prima di fare questo tipo di esercizi bisogna avere un addome funzionale. Ci deve essere una buona risposta da parte del core dell’allievo, quindi in questi casi preferisco iniziare da esercizi meno impegnativi come per esempio lavorare sul lato. Per fare un buon plank è necessario fare degli esercizi preparatori. E’ molto importante allenare le braccia che devono sostenere il corpo anche in molte posizioni della ginnastica ipopressiva.

D:  Non pensi che le posizioni della ginnastica ipopressiva potrebbero essere percepite come troppo rigide?

R:  Qui c’è il trucco. E’ fondamentale far capire ai nostri allievi la differenza fra un corpo o un movimento rigido e un corpo/movimento tonico. A me interessa che la gente riesca a percepire la rigidità inutile del proprio corpo per arrivare a ridurla.

Il metodo ipopressivo può essere propedeutico nell’acquisire questa consapevolezza, che nella maggior parte degli sport non è considerata.

Generalmente nello sport si punta alla forza. Ma noi sappiamo bene che il corpo, per essere in equilibrio e forte, deve essere anche tonico e rispondere in modo funzionale alla gravità.

Il lavoro ipopressivo è molto intenso, è un grande allenamento cardio-respiratorio e muscolare. E per arrivare a questo si va per gradi.

D:  quali sono i benefici maggiori che ottengono i tuoi allievi rispetto ad un allenamento più tradizionale?

R:  Nel giro di poche lezioni vedono subito calare la pancia e il girovita. Addirittura in una lezione, dall’inizio alla fine, già cambia la postura, la respirazione, il modo in cui si sta in piedi e il modo in cui si tiene la pancia. Quindi immaginati cosa cambia se una persona fa un ciclo di almeno tre mesi, svolgendo anche dei compiti a casa. Inoltre questo tipo di lavoro è importante anche per chi ha diastasi oppure un corpo troppo ipotonico.

I miei allievi mi hanno fatto notare dopo un po’ di mesi di lavoro che era migliorato il livello di stress, riuscivano a gestirlo in modo più funzionale, dormivano meglio la notte e spesso scoprivano nuove cose di sé stessi.

D: che frequenza è necessario mantenere?

R:  Io per ora ho sempre proposto una volta alla settimana con i compiti a casa. All’inizio propongo sempre cinque lezioni singole perché voglio dedicarmi alla persona in modo completo, perché le stesse indicazioni non è detto che siano uguali per un’altra persona. Quindi imposto un lavoro personalizzato, dopodiché suggerisco alle persone di continuare il lavoro a casa da sole o seguendo un corso di gruppo 1 o 2 volte a settimana. Ma devono diventare autonomi anche da soli a casa .. questo è importante per sviluppare una auto immagine di sé stessi più autentica.  

Da ottobre farò un piccolo test: proporrò ad un certo numero di allievi un blocco di 20 lezioni 2 volte a settimana, in cui darò anche delle indicazioni alimentari, perché molte persone mangiano male, l’intestino non funziona e sono dipendenti dallo zucchero e dal glutine.  Quando si arriva intorno ai 50 anni il corpo ha bisogno di cambiare il regime alimentare per evitare di attivare situazioni di infiammazione che possono solo peggiorare. Quindi attraverso il movimento e una buona alimentazione si possono ridurre anche i fastidi della menopausa ed il dolore diffuso, oltre che il sovrappeso.

D:  quindi per il futuro prevedi di continuare a lavorare con il metodo ipopressivo?

R:  Sì, perché c’è ancora poca conoscenza! Amo molto divulgare questo metodo così poco conosciuto.  C’è un po’ di ignoranza ancora e purtroppo, al momento, non ci sono molte evidenze scientifiche a supporto di questo lavoro. Si stanno sviluppando ora e stanno crescendo.

Questo metodo funziona benissimo e si adatta a tante altre discipline sportive ma io credo molto nelle posture ipopressive, perché sfruttano il concetto del sistema fasciale e lavorano sulla neurodinamica del corpo, anche nelle posizioni di base del metodo.

Io lavoro anche con molti insegnanti e mi piace dare a loro nuove idee, nuovi spunti di riflessione in modo che poi nel tempo possano sviluppare un lavoro personale ed autonomo.

Ora sono curiosa di provare a fare questo nuovo progetto su un certo numero di persone. Almeno 20 e di raccogliere tutti questi dati dopo tre mesi di lavoro.

Penso che ognuno di noi debba prendersi un po’ la responsabilità del proprio corpo e del proprio benessere, non essere totalmente dipendente dal terapista o dal medico ma imparare a capire come il proprio corpo funziona per poterlo accudire nel modo migliore. A volte si va da un professionista e ci si aspetta che abbia la bacchetta magica per curarci ma in realtà il professionista ti può dare degli spunti, delle idee, ti può insegnare una tecnica ma sei tu, poi, che devi sentire su di te come certe tecniche funzionano o non funzionano ed essere in grado di fare quelle modifiche per renderle davvero efficaci. E per fare questo devi lavorare molto su te stesso per capire come reagisce il tuo corpo. 

D: Grazie Barbara e in bocca al lupo per il futuro perché anche io credo molto in questo approccio e già lo sto insegnando!

Per contattare BARBARA MALAVASI   :

Barbara Malavasi

mail : 19.1barbaramalavasi@gmail.com

Instagram : hypopressiva19.1

Cellulare : 338 9937255

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